Un progetto di Mattia Consonni – Musica per gli Occhi
Questa è una di quelle storie d’arte e di fiducia che viene voglia di raccontare. Un artista, un’opera composta da quattro tele, tre anni, più di cinquantamila chilometri, oltre sessanta città. Questi sono i numeri del progetto di Mattia Consonni – Musica per gli Occhi, iniziato ormai più di 3 anni fa ed arrivato alla conclusione del suo ciclo itinerante.
Il sogno di Mattia era realizzare un progetto abbinato ad un’opera d’arte che coinvolgesse più persone, di paesi differenti, incaricandoli custodi e testimoni delle tele, volutamente separate. Ogni custode ha avuto in dotazione un diario di viaggio, sul quale raccogliere note, racconti, pensieri, foto, impressioni, tutto ciò per contribuire a creare una storia per l’opera durante i suoi spostamenti da un viaggiatore all’altro, da una Nazione all’altra. Quella che ne è nata è una vicenda ricca di umanità e di bellezza d’animo, sulla base fondamentale della fiducia nell’altro, con una sola parola d’ordine: condivisione. L’opera creata da Mattia Consonni è composta in quattro tele ed è ispirata dal brano di Yanni “One Man’s Dream”; non un brano a caso, quindi, ma uno che riflette l’intenzione dell’artista, così come succede con tutte le sue opere, estremamente legate ai brani che le ispirano e le titolano. Il racconto dell’artista inizia con una grande soddisfazione: “Sono contento di come è andata e delle situazioni che hanno vissuto le tele. Certo ci sono state delle difficoltà, ma ciò non toglie che sia stata una grande esperienza”.
Chiusa nella sua valigetta di metallo, in compagnia del diario di viaggio, una tela ha raggiunto Londra e la sua prima custode, Nadia Spita (curatrice di mostre che ha addirittura tenuto una lezione alla Kingston University parlando del progetto); un’altra ha raggiunto Roma e Giuseppe Di Bella; la terza tela è arrivata a New York da Marco Martinoli (importante il suo contributo e quello di Lauren Evans per il Nord America), mentre la quarta è stata accolta da Giuseppe Iannantuoni (che fa addirittura imbarcare la tela su una barca a vela) a Las Palmas. Da queste quattro prime tappe, ognuna di loro ha viaggiato e visitato i luoghi più disparati, rimbalzato tra custode e custode, si è fatta immortalare in giro per le varie località raggiunte, e in alcuni casi è anche stata ospite senza tracce che lo possano confermare, dunque di qualche passaggio non è stato possibile rintracciare il percorso. In questi anni una tela è stata definita smarrita, finché, grazie agli appelli online, si è scoperto che era stata consegnata in una casa sbagliata ed è stata portata alla giusta destinazione.
La prima tela da Nadia Spita è passata nelle mani di Denise Denegri e Isabella Mura, girando da Pisa a Monte-Carlo, Milano, Stintino a Pietrasanta. É poi passata in custodia a Federico Cilla, viaggiando da Matera a Maratea, e poi Oppolo Lucano e Napoli. La seconda tela, grazie a Marco Martinoli e Lauren Evans, vanta visite in luoghi musicalmente importanti, come la casa di David Bowie e quella di John Lennon, o ancora davanti al mosaico a lui dedicato a Central Park. Inoltre, è casualmente entrata a far parte di un documentario che parla del viaggio di Camilla Guasti in America in cerca di un oboe costruito dal nonno (“My Grandfather’s Oboe” diretto da Enrico Ventrice), che verrà trasmesso sui canali Rai. La tela arrivata a Peppino Iannantuoni, proprietario del Sailor’s Bar di Las Palmas, ha viaggiato sulla barca a vela Sy Skye fino alle West Indies, è stata esposta durante una tappa della traversata a San Sebastian de la Gomera ed ha partecipato ad una regata storica da Antigua su una barca del 1926, Mary Rose.
Molto sentita la riconoscenza di Mattia verso i custodi:“Desidero ringraziare tutte le persone che hanno permesso che One Man’s Dream diventasse realtà, che l’hanno fatto viaggiare e ne hanno dato testimonianza condividendo le varie tappe. Ringrazio Kimberly Blackbourn e suo figlio Alec, Nadia Spita, Denise Denegri e Isabella Mura. Grazie a Marco Martinoli e Lauren Evans, grazie a Polina Kuzmina e Patrizia Moskalevich, a Peppino Iannantuoni e a Stefano Colombo e Martina Liverani.”.
Il progetto si è concluso con il ricongiungimento delle tele a Meda, città di Mattia Consonni, che ha potuto così riabbracciare l’opera nella sua totalità, più ricca di tante esperienze, ed ha potuto sfogliare e leggere i diari di viaggio, trovando commenti, lettere, immagini che testimoniano la perfetta riuscita di questo progetto sperimentale.