Alla Fondazione Ragghianti a Lucca sono aperte fino al 6 gennaio due mostre dedicate a Cioni Carpi (Milano, 1923-2011) e a Gianni Melotti (Firenze, 1953) due artisti diversi, di generazioni diverse, ma accomunati da una felice vena creativa che ha prodotto opere multiformi che ben identificano la corrente di sperimentazione dell’arte italiana tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo breve.
La mostra dedicata a Cioni Carpi, nome d’arte di Eugenio Carpi de’ Resmini – figlio di Aldo Carpi, pittore e storico direttore dell’Accademia di Brera, fratello di Fiorenzo, noto musicista, e di Pinin, scrittore e illustratore per l’infanzia – è curata da Angela Madesani e comprende una quarantina di opere di grandi dimensioni tra dipinti, installazioni, lavori fotografici, filmati, disegni, progetti e libri creati dall’artista in unica copia, ma anche documenti e cataloghi sull’opera di questo intelligente protagonista dell’arte della seconda parte del XX secolo. Personaggio complesso e ricco di sfaccettature, Carpi inizia a dedicarsi alla pittura negli anni Cinquanta a Parigi, per poi trasferirsi ad Haiti, a New York e quindi in Canada, dove vive fino alla metà dei Sessanta, quando torna definitivamente a Milano. Negli Stati Uniti conosce la regista Maya Deren, che lo spinge verso la sperimentazione cinematografica, ambito nel quale Cioni Carpi eccellerà. Dal 1959 al 1980 realizza numerosi film d’artista, attualmente ospitati da importanti archivi, fra i quali quello del MoMA di New York. Per Carpi il cinema, come prima era stata la pittura, è terreno di sperimentazione. Un altro è il teatro. Sua è la prima scenografia costituita da un filmato per L’istruttoria di Peter Weiss al Piccolo di Milano nel 1966, girato nel campo di concentramento in cui era stato ucciso il fratello Paolo. Carpi, tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta, collabora anche con alcuni compositori, fra i quali Angelo Paccagnini, Giacomo Manzoni e Bruno Maderna, per i quali, in occasione della messa in scena delle loro opere, realizza filmati e proiezioni. Unico artista italiano, insieme a Franco Vaccari, a fare parte del gruppo della Narrative Art, Carpi ha inoltre utilizzato per la sua ricerca la fotografia, le installazioni, le proiezioni di luce, il video. Nel 1978 e nel 1980 ha partecipato alla Biennale di Venezia in due mostre curate da Vittorio Fagone, con il quale, nel corso degli anni, aveva sviluppato un rapporto di stima e collaborazione.
La seconda mostra, dedicata all’opera di Gianni Melotti, è curata da Paolo Emilio Antognoli e presenta – in circa trenta lavori esposti – i risultati di una ricerca storica e archivistica, ancora inedita, riguardante l’opera del fotografo fiorentino nel suo primo decennio di attività, dal 1974 al 1984, sia nel suo sviluppo storico-artistico, sia nei rapporti che egli ebbe con alcuni artisti legati da amicizia e collaborazione, quali Lanfranco Baldi, Luciano Bartolini, Giuseppe Chiari, Mario Mariotti e altri artisti come Bill Viola legati alla sua esperienza in art/tapes/22, studio dedito alla produzione di videotapes per artisti di cui Melotti nel 1974 diviene il fotografo. Una consistente collezione di queste fotografie è oggi conservata all’ASAC della Biennale di Venezia. La mostra vuole documentare lo sviluppo dei primi dieci anni di attività del lavoro artistico di Melotti, dalle sperimentazioni cameraless (senza uso della macchina fotografica) in bianco e nero alle sue coloratissime opere tridimensionali, realizzate con materiali cibachrome su tessuti decorati. A Firenze negli anni Settanta art/tapes/22 video tape production, Zona non profit art space, la Galleria Schema, la Galleria Area e la Casa Editrice e Libreria Centro Di sono state centri-chiave per l’arte contemporanea in Italia, da cui sono transitati grandi nomi dell’avanguardia artistica internazionale come Vito Acconci, Chris Burden, Daniel Buren, Urs Lüthi, Joan Jonas, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Nam June Paik, Giulio Paolini, Robert Rauschenberg.
Di tratta di due mostre distinte, che rivelano però alcuni tratti comuni, alcune affinità “elettive” e somiglianze nell’opera dei due artisti, che si snoda attraverso un percorso sorprendente di scoperta di due protagonisti dell’arte nuova degli anni 60-80 del Novecento.
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