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Asti nel Seicento. Artisti e committenti in una città di frontiera

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Nella cittadina piemontese gli eventi artistici non mancano mai: a Palazzo Mazzetti sino al 28 settembre è possibile visitare la mostraAsti nel Seicento. Artisti e committenti in una città di frontiera”.
Configurata come una mostra-dossier, allestita nel salone d’onore del piano nobile e nelle sale dell’ala orientale al piano terra, è stata inaugurata lo scorso 11 aprile ed aperta al pubblico dal 12 dello stesso mese. La mostra è organizzata dalla Fondazione Palazzo Mazzetti e presenta una selezione di dipinti, incisioni e tessuti molto significativi non solo artisticamente, ma anche a livello storico. Le opere esposte sono state individuate nel corso della ricerca condotta dal gruppo di studio costituito dai docenti e dagli studenti della Laurea Magistrale in Storia dell’Arte appartenenti al Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino sull’attuale territorio della provincia di Asti. Ben dodici dei sedici dipinti in mostra sono stati restaurati grazie alla Fondazione C.R. ASTI sotto la direzione della Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici e Etnoantropologici del Piemonte.
Fanno parte del comitato scientifico i docenti Spione, Morandotti e Failla ed il Professore Emerito Romano, tutti dell’Università degli Studi di Torino; i sovraintendenti per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Gabrielli e Nicita; Vittoria Villani, direttore della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e Andrea Rocco, direttore della Fondazione Palazzo Mazzetti.

Il territorio della Provincia di Asti ha un passato complesso nella sua stratificazione di poteri politici ed amministrativi; la lettura di questa complessa geografia artistica e amministrativa costituisce uno dei punti di approfondimento della mostra. Partendo dall’attuale cartina della provincia è evidenziato l’intreccio delle diocesi e dei poteri politici, per arrivare a focalizzare l’attenzione sulla città di Asti, attraverso la veduta seicentesca fornita dal Theatrum Sabaudiae (1682), che ritrae un tessuto urbano costellato di chiese e conventi, profondamente modificato dal passare del tempo. Nel salone d’onore al piano nobile sono esposti alcuni dipinti che illustrano la ricchezza eterogenea della cultura figurativa astigiana nel XVII secolo, tra artisti “locali” e provenienze extraregionali.

Si potranno ammirare dipinti completamente sconosciuti agli studi e di grande rilievo per la storia artistica del Piemonte, come la pala raffigurante la Madonna del Rosario, un tempo collocata nella perduta chiesa dei Domenicani della Maddalena (attualmente in San Paolo), o la Beata Vergine d’Oropa con i Santi Elena ed Eusebio (proveniente da Roma), o ancora il ritratto di Giacomo Goria, vescovo di Vercelli nativo di Villafranca, opera dipinta da Paolini nel 1650.
Nella sala dei Lombardi è ammirabile per la prima volta la tela con San Secondo a cavallo proveniente da Villanova, uno stupendo inedito per l’iconografia del santo patrono della città, mentre per la sezione dedicata ai pittori genovesi, ritorneranno a Palazzo Mazzetti le spettacolari tele di Giovanni Battista Carlone di Incisa Scapaccino.
Tante le conferenze programmate durante i mesi di apertura della mostra, l’ultime sarà il 12 settembre, tutte con argomenti molto interessanti e presenziate da Professori e Docenti dell’Università degli Studi di Torino e del Centro Studi della Reggia di Venaria.
É raro poter vedere il frutto finale di studi universitari così appassionati, un plauso a tutti i curatori e a chi permette che la storia di piccole province come quella di Asti non si perda nel tempo.

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