Nato a Castelmassa (in provincia di Rovigo) nel 1930, Enrico Castellani, una delle figure di maggior rilievo nell’arte europea, si diploma nel 1952 all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Nel 1956 si laurea in Architettura all’Ecole Nationale Supérieure de la Cambre a Bruxelles, per tornare poi in Italia lo stesso anno e trasferirsi a Milano. È qui che instaura una collaborazione con Piero Manzoni fondando la rivista “Azimuth” e la Galleria Azimut.
Un sodalizio artistico, questo, che incuriosiva per il contrasto tra le loro personalità: tanto era vulcanico e giocoso Manzoni, quanto era distinto e riflessivo Castellani.
Nel 1959 realizza la sua prima superficie a rilievo, avviando un percorso rigorosissimo di studio ed analisi delle possibilità fornite dall’estroflessione della tela, mediante l’utilizzo di chiodi e centine inserite dietro la tela. Indimenticabili le sue opere ambientali, tra le quali citiamo quella realizzata nel 1967, “Ambiente Bianco”, per la mostra “Lo spazio dell’immagine” a Palazzo Trinci, Foligno (di cui sopravvivono oggi solo tre pannelli); oppure quella del 1970, “Spazio Ambiente”, creato per la storica mostra “Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70” al Palazzo delle Esposizioni di Roma, oggi parte della collezione del Guggenheim Museum di Abu Dhabi. Castellani ha realizzato quest’opera su scala immersiva, le tele sagomate infatti circondano lo spettatore, annullando ogni senso dell’architettura della stanza attraverso grandi archi e strutture a rilievo che alterano e determinano l’ambiente e lo spazio. Esposto a giugno 2017 ad Art Basel nella sezione UNLIMITED, questo ambiente altera la percezione dello spettatore in base alla forma, mentre la sua materialità lascia il posto ad un’esperienza effimera condizionata dal gioco di luce e spazio.
Oggi il suo lavoro è tutelato dalla Fondazione Enrico Castellani, il cui Presidente è Lorenzo Wirz Castellani ed il Direttore è Federico Sardella. Li abbiamo incontrati per approfondire la conoscenza di questo artista unico, la cui arte rivoluzionaria è riconosciuta e consacrata a livello internazionale.
Vincenzo Chetta: Buongiorno Lorenzo e buongiorno Federico, è un piacere fare la vostra conoscenza, vorrei farvi qualche domanda per i lettori di BIANCOSCURO, comincerei con il chiedervi: “Chi era Enrico Castellani?”
Federico Sardella:Enrico Castellani era un artista convinto dell’efficacia, dell’esattezza e della verificabilità del suo lavoro, senza però essere un “fanatico di se stesso”. Ha sempre proceduto con continuità, assecondando il normale sviluppo delle sue superfici a rilievo, dando vita a un metodo reiterabile senza limiti come pochi altri artisti hanno saputo fare. Mantenendo sempre un certo lucido distacco da tutto quanto concerne la gestione del lavoro, la sua affermazione e la mondanità che il sistema dell’arte prevede e impone, muovendosi in un ambito di ripetizione, dove è la differenza a determinare la reiterazione dei gesti e dei soggetti, non ha mai tradito le premesse iniziali pur concedendosi quelle divagazioni necessarie al continuo perpetuarsi del suo fare. Per tutta la vita Castellani ha continuato a giocare la sua partita dando vita, di giorno in giorno, a sempre nuove superfici a rilievo dove, come lui stesso ha avuto modo di sottolineare, hanno luogo “infiniti incontri, disperate attese, tautologiche commisurazioni, sofferenze esistenziali e utopistiche verifiche…”.
V.C.: Secondo voi, qual era l’artista che stimava di più?
F.S.: La risposta a questa domanda la fornisce Enrico Castellani stesso quando, in occasione del conferimento del Praemium Imperiale, a Tokyo, il 13 ottobre 2010, essendo il primo italiano a essere insignito del premio per la pittura, ha voluto ricordare alcuni artisti amici e maestri altrettanto meritevoli di questo onore, con queste parole: “E quindi penso a Lucio Fontana che ha prodotto una rivoluzione nella concezione dello spazio e della superficie; a Piero Manzoni e all’origine di un nuovo e diverso modo di intendere l’arte; ad Alberto Burri universalmente noto ed al quale si deve l’invenzione di una nuova matericità pittorica; ed infine l’amico fraterno Piero Dorazio al quale si deve il rigoroso studio analitico della superficie pittorica” . Se però gli avessimo rivolto un quesito simile, probabilmente avrebbe risposto citando magari un artista del passato come, per esempio, Poliakoff oppure Mondrian…
V.C.: Che rapporti aveva con gli altri artisti della scena milanese come, per esempio, Lucio Fontana o Piero Manzoni?
F.S.:Castellani è stato uno dei protagonisti della scena artistica milanese negli anni Sessanta, ma le sue frequentazioni e amicizie non erano confinate al solo perimetro della città. Basti pensare ai rapporti continuativi con gli artisti di ZERO, ma anche all’amicizia con artisti riconducibili all’area romana quali Tano Festa, Franco Angeli o Francesco Lo Savio o agli scambi con figure come Vincenzo Agnetti, Getulio Alviani o Françoise Morellet. A proposito invece degli autori milanesi, è evidente il legame con Lucio Fontana, che oltre ad essere una sorta di maestro e di anticipatore di quella nuova concezione artistica alla quale Castellani certamente aderì, fu il primo ad acquistare una sua tela a rilievo per la sua collezione, opera che è tuttora parte della raccolta della Fondazione Lucio Fontana. È fondamentale anche il rapporto con Piero Manzoni, con il quale tra il 1959 e il 1960, dà vita alla rivista “Azimuth” ed alla Galleria Azimut conseguentemente. È lo stesso Castellani a precisare come, seppur essendo due artisti diversissimi, “ci univa invece la comune idea di concepire l’arte e la sua pratica: il progetto che l’arte fosse una continua riflessione sull’arte, sugli strumenti e i modi del suo esercizio”. Un’interrogazione senza fine sul suo stesso concetto. Per noi, per Manzoni come per me, l’arte si faceva con l’arte e non con l’ausilio, le suggestioni, gli apporti di altre discipline. Per questo penso che Manzoni sia una delle “fonti” dell’Arte Concettuale e, per meglio dire, di un’ipotesi dell’arte come esperienza della trasparenza e del mentale.
V.C.: Quale sarebbe stato un consiglio che avrebbe dato agli artisti di oggi?
F.S.: Sempre riferendosi alle dichiarazioni riconducibili all’artista, proprio Castellani, in occasione di una intervista concessa a Hans Ulrich Obrist nel 2010 afferma che, a suo parere: “Siccome i giovani non devono seguire i consigli dei vecchi, non ho consigli da dare.”
V.C. Parliamo dell’Archivio, ora diventato Fondazione. Di cosa si occupa?
F.S.: La Fondazione Enrico Castellani svolge attività di studio, perizia e ricerca al fine di assicurare la tutela e la conservazione del patrimonio artistico lasciato da Enrico Castellani. Costituita nel 2013 per volontà dell’artista, porta avanti le attività avviate già a fine anni Novanta dall’Archivio Enrico Castellani, diretto dalla sua istituzione e sino alla sua scomparsa avvenuta nel 2016 da Renata Wirz, la quale ha determinato le modalità di lavoro e le procedure che adottiamo ancora oggi, intuendo con grande anticipo come il ruolo dell’archivio avrebbe assunto all’interno del sistema globalizzato dell’arte quel ruolo centrale che, a tutti gli effetti, diversamente da come avveniva in passato, hanno oggi gli archivi. La Fondazione Enrico Castellani svolge un’attività quotidiana tesa alla difesa, alla salvaguardia e alla valorizzazione del proprio patrimonio, contemplando simultaneamente una stretta collaborazione con studiosi, istituzioni e musei finalizzata all’organizzazione di mostre in Italia e all’estero e alla realizzazione di monografie o pubblicazioni generali, senza trascurare il rapporto di complicità e fiducia instaurato nel tempo con i proprietari delle opere, la maggior parte dei quali non possiamo che considerare “amici” dell’Archivio. L’Archivio si interfaccia inoltre con gli operatori del mercato, offre una serie di servizi relativi all’identificazione, registrazione e certificazione delle opere e presta uguale attenzione agli aspetti inerenti la conservazione dei lavori. Presso la sede della Fondazione sono custoditi una serie di materiali fotografici, bibliografici e documentari, molti dei quali in copia unica e non reperibili altrove, inerenti l’impegno di Castellani, la sua attività, il percorso espositivo o i rapporti con gli artisti, i critici, i galleristi e gli intellettuali del suo tempo. Certi che la conservazione, la tutela, lo studio e la valorizzazione del passato più recente siano, a tutti gli effetti, il futuro condivisibile, tale materiale è in fase di ampia digitalizzazione ed è, naturalmente, disponibile per la consultazione da parte di studenti e studiosi.
V.C.: Come funziona la procedura di archiviazione di un lavoro? Quali esami conducete sulle opere? Quali i tempi di attesa?
F.S.: La maggior parte delle opere realizzate da Castellani sono state registrate presso l’Archivio della Fondazione Enrico Castellani negli ultimi venti anni. Grazie anche al grande lavoro svolto da Renata Wirz e al contributo imprescindibile dell’artista, il database dell’archivio non solo accoglie il materiale fotografico e documentario relativo alle superfici a rilievo e ai dipinti, ma comprende anche tutto quanto inerente le opere su carta, le sculture e i rilievi in alluminio aeronautico smaltato, le installazioni, i multipli, i gioielli e quant’altro riconducibile all’intuizione o all’ingegno di Castellani. Le richieste provenienti dall’esterno vengono accolte e valutate singolarmente, considerando le specifiche esigenze dei richiedenti, ai quali, in linea di massima, compatibilmente con i diversi appuntamenti e impegni, viene dato riscontro iniziale, offrendo anche un servizio gratuito di verifica preliminare. Qualora le richieste che riceviamo siano inerenti invece a opere non registrate o inedite procediamo con un esame diretto dei lavori che ci vengono sottoposti, programmando tali occasioni di esame, indicativamente, ogni tre mesi, coinvolgendo i membri del comitato di perizia dell’Archivio, ed eventualmente i grafotecnici e i restauratori che ci affiancano al fine di offrire una schedatura e una catalogazione puntuale delle opere.
V.C.: Quali sono i progetti che la Fondazione ha nel prossimo futuro?
F.S.: Le attività nelle quali è coinvolta la Fondazione, al momento, sono molteplici e riguardano gli ambiti più vari. Dopo avere dato alle stampe un volume che raccoglie i principali scritti redatti da Castellani, sempre con Absocondita editore, prevediamo un ulteriore volume che riunisce le interviste. Anche in questo caso, come è stato per il libro dedicato alla scrittura, si tratterà di una pubblicazione eccezionale, considerando in special modo che, dagli anni Sessanta, Castellani ha concesso pochissime interviste e che ognuna di queste è stata oggetto di memorabili premesse e di inconsuete rivelazioni. A proposito dell’immediato futuro, stiamo lavorando con il Museo d’Arte di Mendrisio all’allestimento di una ampia mostra che riguarderà, nella sua ampiezza, il lavoro di Castellani, dalle origini sino alle ultime opere concepite. La rassegna prevede l’esposizione di un centinaio di importanti lavori, molti dei quali non venivano esposti o pubblicati da molti anni, scelti fra quelli presenti nelle collezioni pubbliche e private di maggior interesse. Oltre la mostra, la prima antologica in Svizzera e la prima rassegna retrospettiva organizzata dopo la morte dell’artista, l’Archivio è attivamente coinvolto nella produzione della monografia che sarà data alle stampe, e comprenderà approfondimenti, saggi e scritti, in italiano e in tedesco, di Ester Coen, Paolo Bolpagni, Fulvio Irace e Barbara Paltenghi Malacrida, direttrice del Museo d’Arte di Mendrisio e curatrice dell’esposizione.
V.C.: Come nasce il progetto del catalogo generale?
F.S.: Una volta usciti i primi due tomi del Catalogo ragionato di Enrico Castellani, pubblicati da Skira editore nel 2012 e al cui interno sono riprodotte e schedate 1.103 opere, è stato naturale procedere con il lavoro di archiviazione e registrazione dei lavori, andando a proseguire l’attività di raccolta, meticolosa archiviazione e attenta catalogazione delle opere e della documentazione correlata avviato da Renata Wirz. Chiudendo idealmente un aspetto della ricerca voluto dallo stesso Castellani, viene oggi licenziato un volume definitivo e ampio, che assieme ai due tomi precedenti riproduce, descrive e consegna la quasi totalità delle superfici e degli altri lavori concepiti dall’artista. Il volume, in edizione bilingue italiano-inglese, organizzato in più sezioni, raccoglie le opere su tela, le sculture, gli altorilievi e le installazioni e offre uno spaccato sulla produzione e sulla vicenda artistica di Castellani introducendo al suo lavoro, alla sua genesi e alle evoluzioni delle quali è stato protagonista.
V.C.: Quando e dove verrà presentato il catalogo?
F.S.: Il terzo tomo del Catalogo ragionato di Enrico Castellani verrà presentato il 26 ottobre, a Milano, al Museo del ‘900 nella Sala Fontana, alla presenza del Direttore del Museo Gianfranco Maraniello, di Barbara Paltenghi Malacrida, direttrice del Museo d’Arte di Mendrisio, di Bruno Corà, Presidente della Fondazione Alberto Burri, e altri amici e autori vicini a Castellani.
V.C.: Vi ringrazio per la disponibilità, è stata veramente una chiacchierata interessante ed appassionata, grazie ancora!