La Casa di Schiele, Benevento
Dal 1 novembre 2015 al 29 novembre 2015
La Casa di Schiele, associazione culturale di Sara Cancellieri e Igor Verrilli, festeggia il secondo anno di attività con la nuova edizione di Tredicidiciotto. La collettiva, a cura di Mario Francesco Simeone, sarà inaugurata domenica 1 novembre, alle ore 18.00, nella sede di via San Gaetano 16, a Benevento, e sarà visitabile fino al 29 novembre 2015.
Alla collettiva parteciperanno Giovanni Alfano, Veridiana Altieri Cebotari, Elisa Anfuso, Gianmarco Biele, Giuseppe Bombaci, Antonio Calabrese, Loredana Catania, Mary Cinque, Fabio Della Ratta, Luca Di Bernardo, Stefano Di Stasio, Paolo Dongu, Alessandra Donnarumma, Flaviano Esposito, Stefania Fabrizi, Moira Franco, Illen Aria, Giovanna Lacedra, Selena Leardini, Andrea lelario, Ugo Levita, Federico Lombardo, Ilaria Margutti, Constantin Migliorini, Italo Mustone, Francesco Paolicchi, Daria Petrilli, Eliana Petrizzi, Alfredo Pini, Carlo Alberto Rastelli, Mariarita Renatti, Roxy in the box, Lena Savic, Adrian Setterfield, Ninì Sgambati, Angela Smyth, Alan Stefanato, Silvia Trappa, Marie Van Praag, Igor Verrilli, Helena Wadsley.
Per Tredicidiciotto, artisti italiani e stranieri sono stati invitati a lasciarsi ispirare dal piccolo formato, 13 x 18 cm, la misura della stampa fotografica tradizionale e della cartolina per la corrispondenza. Assecondando l’inclinazione della Casa di Schiele a proporsi come luogo di confronto tra conoscenze, la mostra, libera per tecnica e stile, sarà scandita da linguaggi eterogenei per contesti, generazioni e ispirazioni. Una sequenza visiva, ritmicamente diffusa sulle pareti, articolerà momenti di confronto, tra tradizione e sperimentazione, richiami e resistenze, giocati entro i limiti della cornice. Il supporto diventa un dispositivo di indagare nelle sue più recondite possibilità narrative, un codice da svelare. Così, la misura racchiude lo spazio sia fisico che ideale dell’opera, configurando un contesto di interdipendenza, l’ambito di un dialogo aperto tra artisti distanti per ricerche ed esiti ma accomunati dalla condivisione di un segno minimale.
Estratto dal testo critico:
“Lo spazio del supporto impone un taglio visivo e concettuale all’immagine. I cicli che decorano le cattedrali raccontano una storia imponente e dai contorni ben definiti, entro i quali l’atto dell’interpretazione è annullato in favore di una visione statica, dettata da un’autorità totalizzante. Al contrario, la rappresentazione estesa su una superficie estremamente concentrata, ha le forme di un processo costante, perché crea un moto percettivo perpetuo tra apertura e chiusura. Infatti, le informazioni veicolate dalla superficie minima, suscitano, con naturalezza e discrezione, la curiosità del fruitore che è chiamato ad agire nella profondità dell’immagine, oltre ciò che si vede, per completarne il senso.”