Ambiente, natura, ecologia, sostenibilità ambientale sono parole chiave della contemporaneità, e non potrebbe essere altrimenti. Gli esperti, da tempo, ci mettono in guardia sui rischi connessi al riscaldamento globale e all’abuso perpetrato dall’uomo sulla natura, una relazione squilibrata che potrebbe avere ripercussioni sul futuro stesso dell’umanità.
Il design e l’arte contemporanea non sono immuni dalla consapevolezza di un problema di tale portata, e reagiscono di conseguenza.
Non è un caso se la XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, inaugurata lo scorso 27 febbraio, ruoti tutta intorno al tema green, a partire dal nome della mostra tematica: Broken Nature: Design Takes on Human Survival. Un nome che potrebbe apparire altisonante, ma che rispecchia la realtà dei fatti, nascondere i quali non ci conviene più.
La mostra prende vita da un’urgenza ben espressa dal presidente della Triennale, Tito Boeri: “Come possiamo restituire alla sfera naturale quanto in questi secoli, in particolare negli ultimi decenni, le è stato sottratto?”.
Broken Nature è uno sguardo, talvolta impietoso talvolta speranzoso, ai rapporti tra uomo e natura, a tutto ciò che già non va e che, se non sterziamo rapidamente, potrebbe degenerare. Il sito della Triennale descrive così la mostra: “Un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale e che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi, se non completamente distrutti”.
Di lì, l’analisi di come il design, l’architettura e la scienza – comprendendo in essa anche le applicazioni tecnologiche – possano dare una mano a evitare il peggio oppure, come recita un testo sibillino e provocatorio all’ingresso della mostra, a trovare “strumenti per progettare una fine più elegante”.
Provocazioni a parte, la mostra vuole esplorare il concetto di design ricostituente e mettere in atto, attraverso oggetti e installazioni, strategie per ripensare il rapporto tra uomo e ambiente, natura e cultura, ecosistema sociale ed ecosistema naturale. Il tema della relazione, distorta, tra uomo e natura è uno dei più discussi nella contemporaneità, come ha dimostrato l’ultima Giornata della Terra, lo scorso 22 aprile, che complice l’eco mediatico delle iniziative della giovane Greta Thunberg ha attirato maggior attenzione rispetto agli scorsi anni.
Broken Nature raccoglie più di cento tra installazioni e opere che arrivano da 22 paesi e da tutti i continenti, oltre a quattro lavori commissionati a quattro designer di fama internazionale: Formafantasma, Neri Oxman, Sigil Collective e Accurat.
Le opere indagano la prospettiva del rapporto uomo-natura sotto i più diversi punti di vista: lo studio Agua Carioca, ad esempio, prendendo spunto dalla città di Rio de Jainero, analizza le possibilità legate a sistemi innovativi di gestione dell’acqua; visitando la mostra, poi, si può scoprire che i fiori di loto possono avere un impatto sul bacino fluviale di Mantova e sul suo ecosistema, oppure sorprendersi di fronte a una scultura di creature ibride che si abbracciano, e ancora scoprire che esiste un’azienda di abbigliamento, Sun+, che produce abiti in grado di proteggere dai raggi UV senza dover usare la crema solare, dannosa per i mari.
C’è poi chi, come l’inglese Thomas Thwaites, ha sfruttato il proprio corpo per diventare… una capra. Dopo aver studiato l’etologia dell’animale, il designer ha progettato protesi ad hoc e uno stomaco artificiale per poter vivere tre giorni in compagnia delle capre, come una capra, per scappare all’angoscia di essere un uomo (in un mondo che si disfà, tra l’altro).
La curatrice della mostra, Paola Antonelli, del dipartimento di Architettura e Design del Moma di New York e direttrice del settore Ricerca e Sviluppo dello stesso, ha dichiarato che l’obiettivo della mostra è “raggiungere il grande pubblico” per dare vita a “reazioni a catena”.
“La natura è tutto” ha aggiunto, “dal micro bioma al cosmo” (a tal proposito, interessante la mostra Sculture in feltro a Roma, che tratta temi limitrofi a questi).
Accanto alla mostra Broken Nature troviamo l’esposizione Nazione delle piante, curata dal neurobiologo vegetale Stefano Mancuno, che vuol essere una mostra delle possibili soluzioni vegetali al disfacimento del pianeta terra, e un’installazione, The Great Animal Orchestra, creata dal musicista esperto di bioacustica Berni Krause e dal collettivo United Visual Artists, migliaia di ore di registrazione per permettere ai visitatori di fruire dei “paesaggi sonori del mondo animale”.
La mostra Broken Nature sarà visitabile fino al prossimo primo settembre.