Annoverato dal critico Renato Barilli nel gruppo, da lui teorizzato, dei Nuovi Futuristi, negli anni ‘80, l’artista eredita dal futurismo storico di Balla e Depero, più ludico e decorativo rispetto a quello austero e programmatico di Boccioni e Severini, la vocazione a una ricostruzione dell’universo che inglobi, nell’opera d’arte, suggestioni tratte dalla vita quotidiana e da tematiche contemporanee tramite molteplici linguaggi artistici, dalla pittura alla scultura, dall’arte figurativa all’installazione, dal design alla grafica. Per questo le sue opere recuperano l’oggettualità della Pop storica, focalizzandosi sulla consistenza materiale dell’opera, ma sottraendone la dura connotazione polemica nei confronti della società del consumo per conferirle un aspetto morbido e accattivante, colorato e suadente, in stile Neo-Pop.
Brevi conferisce nuova dignità alla pittura, ma in una dimensione nuova, dove essa si applica alla tridimensionalità dai contorni fluidi, morbidi e densi delle sue opere. Le sue “pittosculture” risentono della vocazione all’espansione ambientale dell’Arte Povera (derivata anche dalla sua laurea in Architettura) e del suo gioco dialettico tra materiale industriale e di origine organica; le sue tematiche evocano il citazionismo nomade della Transavanguardia e si rifanno ai miti dell’immaginario collettivo, oltre che a quello della velocità, frutto del progresso delle innovazioni tecnologiche: la macchina, la moto (Moto mito, 2007), tanto cari al futurismo storico.
Come i suoi antesignani Balla e Depero, Brevi ama riplasmare le forme con uno spirito ludico e decorativo, ama giocare sulla duplicità tra artificiale e naturale, meccanico e vivente, iconico e aniconico, con il ritmico dualismo di vuoti e pieni, dando vita a nuove modalità percettive dell’immagine. Le opere dell’artista sono costruzioni narrative che si dipanano sulla parete mediante lo studiato accostamento di addensamenti cromatici, dai profili “soffici”, dall’andamento curvilineo, intagliati e modellati all’interno del suo materiale d’elezione, l’MDF (Medium Density Fibreboard), un legno truciolare corposo e denso, molto usato nella fabbricazione dei mobili e, in seguito, dipinti con brillanti vernici e smalti acrilici per creare una patina traslucida che fa dimenticare l’originaria durezza del materiale.
Le sue sono iconografie fluide, dalle forme plastificate che si configurano tramite la suddivisione in masse definite ognuna da colori acidi, freddi che ci riportano all’artificialità del materiale; anche se mascherate come sono da conformazioni organiche ispirate alla natura, i loro soggetti ci riportano al mondo del consumismo e alle sue icone plastificate (i ritratti di Marilyn, Audrey Hepburn, James Dean), quello della Milano anni ’80, glamour e modaiola in cui l’artista è cresciuto. Le sue stesure terse di colore in piani bidimensionali ricoperti di una patina sfavillante esplodono sulla parete come un’effusione di vapori, si disperdono nello spazio assumendo la forma di uno sciame di farfalle, di alvei di fiumi, definendo sagome curvilinee di colline, foreste e montagne, oppure di figure umane e animali, motociclisti, alpinisti, tuffatori e Vespe; il loro addensarsi segue le stesse modalità figurative del linguaggio pubblicitario dei mass-media, dove le immagini si amalgamano in un fluire continuo di stimoli sensoriali.
Lavorando il materiale come un prestigiatore, l’artista ci sottrae da quest’assuefazione visiva, predisponendo la configurazione degli intagli all’interno dei suoi vasti piani arrotondati che talvolta si tramutano in profili di figure, da individuare all’interno della trama cromatica di elementi magmatici di colore dall’andamento ondulato; altre volte, sono essi stessi a fungere da tratti costitutivi dell’immagine, in una sorta di fantasmagoria plastica. Spetta noi scegliere se individuare il soggetto o perderci in questa costruzione spaziale costantemente in bilico tra pittura e scultura, artificio e natura. E al mondo naturale ci riportano soggetti come farfalle, alberi, oltre alle tematiche trattate: la perdita della biodiversità, il complesso equilibrio dell’ecosistema terrestre, il rapporto uomo-natura, la cultura ebraica – vedasi le mostreChanukkahal Joods Historisch Museum di Amsterdam e Channukkà, al Museo dei Lumi di Casale Monferrato (Al) – la brutalità della guerra; temi contemporanei e attualissimi ai quali le arguzie dei giochi linguistici dei titoli conferiscono un respiro epico (vedasi le mostre Jean Cocteau et le motsalla Maison du Livre e du Tourisme di Becherel, in Francia e Jean Cocteau – Poésie de Théatre al Teatro Due di Parma).
Qui, l’uso della parola si integra perfettamente al soggetto dell’opera che, in quanto forma espressiva essenziale, diviene un frame che blocca un attimo dello svolgimento dell’immaginaria storia narrata (Tra le righe delle foglie son scritte le storie – cap…..), in una perfetta sintesi linguistica che dialoga con la realtà onirica creata da Brevi, talvolta citando l’universo favolistico per suggerirci con ludica ironia una morale senza tempo. La dimensione caleidoscopica di colori generata dall’artista si trova perfettamente in linea con la “società liquida” del post-moderno citata da Bauman, ma senza dimenticare l’eredità delle correnti artistiche che lo hanno preceduto.
…Altri racconti
Dario Brevi
Galleria Colossi Arte Contemporanea
Corsia del Gambero, 16
25121 Brescia
Da sabato 24 novembre 2018 a martedì 15 gennaio 2019
inaugurazione: sabato 24 novembre 2018, dalle ore 16.30
Da martedì a sabato 10-12 e 15-19
Domenica su appuntamento.
Lunedì chiuso.
www.colossiarte.it