Nulla è più destabilizzante, nell’ambito artistico, di chi si propone agli addetti ai lavori con opere rubate. E uso con cognizione di causa questa parola, “rubate”, perché è un furto vero e proprio quello che commettono. Forse non lo fanno tutti, ma noi controlliamo il materiale che ci viene proposto per le pubblicazioni; certo non siamo investigatori, ma abbiamo una responsabilità verso i nostri lettori, verso critici, galleristi e collezionisti.
In chiusura a questo numero, alla fine di una giornata campale, uno dei miei collaboratori porta la mia attenzione sul materiale inviato da un artista per pubblicizzarsi sulle nostre pagine. Mi son trovato davanti delle fotografie, chiaramente e malamente ritoccate. Ho pensato: “Al di là dei soggetti, se ti proponi come fotografo con queste immagini… forse è meglio non pubblicizzarsi!”. Poi ho letto “olio su tela”. E qui la tristezza mi ha invaso, eravamo nuovamente davanti all’ennesimo bluff. Oltretutto, un bluff di quelli grandi, perché non è finita qui. La tecnologia ci è amica, e abbiamo scoperto essere scatti di fotografi internazionali, depredati dunque del loro lavoro che viene spacciato da questo “signore” come proprio, danneggiati due volte data la manomissione di queste immagini, con sfondi clonati e specchiature. Ho voluto dare ancora una possibilità a questo gesto, mi volevo convincere che fosse l’azione di chi vuole “prendere in giro” il sistema, una burla artistica insomma. Purtroppo no, le stesse immagini vengono infatti pubblicate sui social, ed il finto autore viene anche spalleggiato da un gruppetto di amici (reali o fake creati ad hoc?). Una volta i falsari erano davvero Artisti, con un talento innato, peccavano di creatività e di amor proprio, non credevano in loro stessi, ma sicuramente avevano nelle mani l’Arte. Oggi i truffatori dell’Arte non sanno neanche ritoccare bene un’immagine sul computer: senza arte né parte.
Buona lettura e occhi aperti.
Vincenzo Chetta
Direttore
BIANCOSCURO Art Magazine