Domenica 19 novembre alle 18.30 al Museo del Novecento, Palazzo dell’Arengario (Via Guglielmo Marconi 1), nell’ambito di Bookcity Milano,
sarà presentato il libro Heinz Berggruen Ricordi di un mercante d’arte, traduzione di Enrico Arosio, Skira editore.
Intervengono Clarice Pecori Giraldi, Massimo Minini e il traduttore Enrico Arosio.
Heinz Berggruen è stato uno dei maggiori mercanti d’arte del secondo Novecento con la sua galleria di Parigi, e al tempo stesso un collezionista straordinario, la cui magnifica raccolta, dal 2000 proprietà dei Musei Statali berlinesi, è ospitata nella prestigiosa sede di Charlottenburg. Il suo talento si è espresso tuttavia, fin da ragazzo, anche nella scrittura. In questi brevi racconti autobiografici, arricchiti da aneddoti vivaci e spiritosi, l’autore ci fa entrare in confidenza con i suoi amici artisti, a cominciare da Pablo Picasso, cui lo ha legato un lungo rapporto personale; poi Henri Matisse, Alberto Giacometti, Joan Miró. Ma anche con i colleghi mercanti, con i clienti illustri e a volte capricciosi, con personalità speciali come Frida Kahlo, Gertrude Stein, Gianni Agnelli. Berggruen narra l’arte come dialogo e come passione, senza dimenticare il senso degli affari, attraverso i tre poli della sua vita: la Berlino pre-nazista della giovinezza, l’esilio in California, il ritorno in Europa. La sua storia diventa anche simbolo di una significativa riconciliazione con la Germania unita e democratica di oggi.
“Picasso, dunque, chiamò Kahnweiler e gli disse trionfante: ‘Ho appena comprato la Sainte-Victoire di Cézanne’. Kahnweiler, da austero studioso d’arte tedesco, gli rispose: ‘Che
interessante, mi congratulo con lei! Quale versione ha potuto comprare, di quel quadro meraviglioso?’. (Occorre sapere che di quel celebre paesaggio esistono più di venti versioni.)
Picasso replicò: ‘Non ho comprato nessuna versione, monsieur Kahnweiler, ho comprato la vera Sainte-Victoire, il paesaggio, la terra, il suolo su cui Cézanne dipinse la sua Sainte-Victoire’. E Kahnweiler, interdetto e come sempre poco spiritoso, dichiarò deluso: ‘Ah, niente quadro, che peccato! Ma mi congratulo ugualmente, cher Picasso!’.
Quel che Picasso non gli raccontò era che, attraverso l’acquisto del castello, egli sarebbe entrato forse in possesso anche di un titolo nobiliare, di cui naturalmente poi non avrebbe fatto uso.
Forse d’ora in poi avrebbe potuto farsi chiamare duca di Vauvenargues, fu questo che raccontò a tutti i suoi amici – il geniale Picasso era anche un mattacchione.”
INGRESSO LIBERO FINO AD ESAURIMENTO DEI POSTI DISPONIBILI