Mi è stato chiesto di scrivere un articolo sulla mostra in corso al Castello di Vigevano, all’interno della seconda scuderia, dal titolo La Poetica della Materia, ed ho immediatamente accettato.
In mostra ci sono quattro scultori, tutti soci della Permanente di Milano, tutti importanti e per curriculum e per bravura.I nomi sono quelli di Alfredo Mazzotta, Pino di Gennaro, Luigi Fulvi e Armanda Verdirame.
Particolarmente attrattiva la location, la seconda scuderia sforzesca, con colonne in granito, è ricca di storia: nel XV secolo è stalla per i cavalli che necessariamente seguivano la corte degli Sforza a Vigevano al Castello, oggi è sede espositiva per mostre.
All’interno troviamo le varie sculture dei vari artisti.
Particolarmente affascinanti sono le sculture di Pino Di Gennaro, un connubio perfetto di arte e scienza, e questo aspetto scientifico emerge prepotente non solo dai titoli ma dalle opere stesse. C’è chi ha paragonato le sue sculture ad uno spartito musicale, io preferisco immaginarle come parte della costellazione, singoli tributi ad un armonioso cielo. Del resto la tendenza di queste sculture è proprio questa, in perenne ascensione verso l’alto, con contaminazioni tangibili di elementi celesti quali la luna o il cielo.
Proprio questo cielo che tanto affascina Pino Di Gennaro e noi, al punto di immaginare le sue sculture come all’interno di un planetario ad illuminare la volta celeste. Nessun cedimento, la tensione è lieve e ben gestita dalle mani sapienti di Pino Di Gennaro, lo si nota soprattutto in Germinazione cosmica, dove l’opera per puro caso è appoggiata su un basamento ma potrebbe ben essere installata anche come scultura aerea, volteggiando come se de dovesse davvero fare parte dello spazio cosmico. Anche i materiali utilizzati, il bronzo, la cartapesta blu, il ferro e l’alluminio ti portano davvero a credere di essere in un mondo a parte, quasi sempre immaginato o visto attraverso un telescopio ma mai davvero tangibilmente vissuto. Ebbene Pino Di Gennaro riesce magistralmente a trasportarci in questo suo personalissimo mondo fatto di luna, di cielo, di pilastri tesi verso l’infinito.
Proseguendo troviamo le sculture di Luigi Fulvi, completamente differenti, un altro approccio alla materia. Fulvi utilizza la pietra arenaria color giallo paglierino, per dare vita a delle installazioni di tipo monolitico. La forma che Fulvi imprime alle sue opere è sicuramente decisa anche se mai spigolosa, semmai addolcita ed in alcuni casi tondeggiante, quasi a smussare dei possibili spigoli che sicuramente darebbero fastidio alla visione dei fruitori.Sculture evocative, che seppur non di grandi dimensioni hanno la capacità di fare pensare ad una maestosità imponente. Sicuramente non passano inosservate, anzi si mostrano nelle loro forme “avvolgenti”, in dialogo con chi le osserva e quasi a sfiorarle ti portano ad osservare la loro composizione materica: la roccia arenaria è una roccia sedimentaria composta di granuli dalle dimensioni medie di una sabbia e proprio la scelta da parte di Fulvi di utilizzare questo tipo di roccia, ci permette di apprezzarne in pieno il suo essere malleabile e duttile insieme.
Arriviamo poi alle opere di Alfredo Mazzotta, a queste figure tese a cercare una perfezione assoluta, un rigorismo che si concentra sulla estrema ricerca dei volumi, dei pieni che riempiono lo spazio circostante, con notevole dinamismo. Sì perché le sculture di Mazzotta sono estremamente dinamiche, si piegano su loro stesse al limite della tensione raggiungibile, ma si stagliano leggere, come in perenne volo. Ecco allora che la ricerca di Mazzotta elabora forme sempre diverse, sempre armoniose; mai l’utilizzo del bronzo ha assunto una forma poetica così alta, nelle mani di Mazzotta anche la tensione massima appare lieve e di conseguenza le figure assumono naturalmente grazia ed eleganza. Un lirismo scultureo che agli occhi di chi le osserva non può che apprezzare.
Infine arriviamo alle sculture di Armanda Verdirame, che utilizza in questa mostra prevalentemente come materia la terracotta per le sue opere. La terracotta o argilla da sempre suscita in me un fascino particolare, data dai tempi di lavorazione, dall’essicazione al tempo di cottura, all’attesa affinché l’opera sia pronta. Già tutto questo ciclo potremmo definirlo “il ciclo della vita”, ed infatti osservando le opere esposte in mostra si nota una ricerca molto attenta, nata in tempi “non sospetti”, ma oggi più che mai di grande attualità. Armanda Verdirame già a partire dal 1985 inserisce tra gli strati della terracotta dei semi, dei legumi proprio a significare questo richiamo profondo alla terra ed alla vita. Queste “contaminazioni” le permettono di lanciare dei forti messaggi, queste sculture assumono quindi un alto richiamo sociale, un monito, un porre attenzione, un rimediare agli errori fatti dall’uomo ma anche una speranza, un futuro. Le forme scultoree cambiano, ma sempre portano dentro di loro i segni lasciati dai vari semi utilizzati, esattamente come succede nei cicli vitali, potremmo definirle delle cicatrici, che rimangono a testimonianza di un passato e che debbono servire come monito futuro.
Una mostra collettiva altamente interessante e per le opere esposte e per l’utilizzo della materia che ciascun artista utilizza ed ha utilizzato nel corso degli anni. Le opere, sebbene datate, ripercorrono per ciascuno un pezzo della loro carriera artistica con opere emblematiche, importanti e di altissimo livello.
Claudia Migliore
La mostra è a cura di Pino Di Gennaro
in mostra al Castello di Vigevano – Seconda Scuderia dal 26 Giugno al 19 Settembre 2021 con il patrocinio del Comune di Vigevano
Crediti fotografici:
Ivo Baldieri
Francesco pizzo
Carla Rotta
Matteo Cannata
Adalbelto Guarnerio