Ferrara è sempre più attiva nel creare un sistema museale e cittadino integrato attorno alle grandi mostre del Palazzo dei Diamanti. In occasione di “De Chirico a Ferrara. Metafisica e Avanguardie”, prossima magistrale esposizione a Palazzo, l’intero apparato culturale urbano si è mobilitato per celebrare la Metafisica nella città che è stata lo scenario prediletto della celeberrima corrente artistica; così, nell’ottica di fare sistema attorno alla cultura, il biglietto d’ingresso all’esposizione, che aprirà al pubblico dal 14 novembre 2015, consentirà l’accesso ad altre due mostre, che inaugureranno rispettivamente il 10 e l’11 novembre 2015. Mostre che hanno un trait d’union comune nel rendere omaggio all’artista italo-giordano che ha scelto il capoluogo estense come suo approdo da esposizioni in musei e gallerie di tutto il mondo: riconosciuto da un curatore e storico dell’arte quale Peter Weiermair come uno dei 100 fotografi contemporanei più influenti su scala internazionale, l’artista è Mustafa Sabbagh.
Le mostre – entrambe realizzate con il supporto della GAMC Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea, e dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara – prenderanno avvio dalla capacità di rapportarsi allo spazio, e di dialogare con esso, propria di Sabbagh, laureato in architettura, attraverso la realizzazione di due installazioni multimediali site-specific all’interno delle quali la fotografia, sua madrelingua, si fonderà alla video-arte e, per la prima volta, alla scultura.
La prima, “Ens Rationis”, si sviluppa intorno all’installazione a pavimento concepita e realizzata per il Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara. Esploratore del proprio inconscio per restituirlo potente nelle sue opere, servendosi di un cammino affine a quello che compie durante la sua ricerca artistica, Sabbagh ha effettuato un sopralluogo nei depositi del Museo, riportandone in vita i volatili in uno stato di sospensione artefatta grazie a quell’artificio umano, che ha le suggestioni dell’alchemico, proprio della tassidermia. Quella mezza morte che cantò Alberto Savinio (pittore, scrittore, compositore, fratello di Giorgio De Chirico), nei suoi lirici Chants de la mi-mort; uno stato di morte – o di vita – apparente, di una natura non-morta, ma che sceglie l’eutanasia come sospensione da una realtà tragica, perpetrata dal suo più grande colpevole: l’uomo, mezzo e fine della ricerca sabbaghiana. Il risultato è un intervento multimediale site-specific che mette in rilievo la verità nuda, cruda e ancestrale propria della condizione animale, o del noble savage di Rousseau. Un viaggio che ibrida morte e vita, umano e animale, reale e virtuale, contesto e sostanza, usando i linguaggi della fotografia, dell’installazione, della video-art – perché nessun linguaggio si presta alla comunicazione tra possibile e impossibile, più dell’arte.
In un percorso espositivo che si snoda attraverso le sale museali disseminate delle opere che lo hanno reso celebre nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, Mustafa Sabbagh parla di habitat contaminati, di creature ibridate, di micromondi contestualizzati a partire dall’ens rationis, neri come un mare denso come il petrolio, veri come un uomo che incarna, attraverso l’obiettivo, la propria riconoscibilissima estetica, figlia di un’etica altrettanto profonda. Mari neri e uccelli notturni, landscapes fumosi e sonnambuli tabagisti: la metafisica contamina la fisica – come in un organismo geneticamente modificato, come in una metamorfosi kafkiana – e la rende pesante quanto la piuma di un raro volatile. In Ens Rationis, Mustafa Sabbagh travalica l’idea installativa cinquecentesca della Wunderkammer, puro narcisistico decoro, per dimostrare che, ancora una volta e sempre, è il contesto che crea la sostanza.
La seconda mostra – “Il manichino e i suoi paesaggi. Una storia (quasi) metafisica”, nella suggestiva cornice museale rinascimentale della Palazzina di Marfisa d’Este – si realizza in un percorso fluido tra arti antiche – mediante un’accurata selezione di “simulacri umani” mutuati dalla storia, dal costume, dall’anatomia, dal culto religioso, creati a partire dal XVIII secolo – ed arte contemporanea, attraverso gli interventi artistici di Milena Altini (“Waiting Souls”, installazione scultorea che si compone di imponenti spirali di pelli di vitello e di agnello sospese nello spazio, la cui forma è in attesa di compimento), di Jolanda Spagno (“L’Enigma delle Ore”, intervento attraverso il quale i delicati ritratti iperrealisti della Spagno tracciano a matita ciò che è, mostrando con lenti OLF ciò che potrebbe essere), e di Mustafa Sabbagh.
Con “Das Unheimliche”, installazione multimediale che parla di (dis)attese e aberrazioni meta-fisiche, prima che fisiche, Sabbagh fotografa – abbandonando, stavolta, i mezzi della fotografia – quella “umanità orrendamente mutila e inesorabilmente manichina” (Roberto Longhi, “Al dio ortopedico”, recensione alla prima personale romana di De Chirico, 1919), il cui unico, mistificante conforto è la smania di omologazione. Un gruppo scultoreo come una Natività 2.0 e un’aspettativa ossessiva come un loop che, perturbando e debordando, prestano il fianco al disvelamento di una verità bianca, palese e morbosa, come ogni segreto di famiglia.
“L’arte ha bisogno di liberarci dagli effetti analgesici dell’abitudine”: se esiste una funzione sociale nell’arte, secondo Sabbagh, non può che essere questa descritta da Marcel Proust. La sua installazione congiunge metafisicamente arte e pensiero nella realizzazione di sculture atemporali, inemotive, ibride nella contaminazione col video-mapping; e nello scoprire, ricoprendole di bende ortopediche, quanto la paura viva in ogni intima dimensione. Questo nuovo, claustrofobico lavoro di Mustafa Sabbagh rivela, attraverso registri espressivi e cromatici inediti rispetto al suo recente percorso, ciò che nel 1970 lo studioso di robotica Masahiro Mori aveva dimostrato, nella sua Uncanny Valley, attraverso l’esperimento sociale: è familiare ciò che è simile. Mette a proprio agio ciò che ci aspettiamo sia. Se è diverso, se si discosta dalle aspettative, la sensazione – oltre la fisica – è disagio, turbamento, rifiuto. La parola è Das Unheimliche.
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Mustafa Sabbagh. Ens Rationis
a cura di Maria Livia Brunelli e Stefano Mazzotti
10 novembre 2015 – 10 gennaio 2016 _ vernice martedì 10 novembre, ore 18.00
Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara – via Filippo de Pisis 24, Ferrara
orari: 9.00 – 18.00, da martedì a domenica
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Il manichino e i suoi paesaggi. Una storia (quasi) metafisica
tripla personale di Mustafa Sabbagh, Milena Altini e Jolanda Spagno
a cura di Claudio Gualandi, Linda Mazzoni e Maria Livia Brunelli
11 novembre 2015 – 13 marzo 2016 _ vernice mercoledì 11 novembre, ore 18.00
Museo Civico della Palazzina di Marfisa d’Este – corso Giovecca 170, Ferrara
orari: 9.30 – 13.00 _ 15.00 – 18.00, da martedì a domenica
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Supporto: GAMC Gallerie di Arte Moderna e Contemporanea e Musei Civici di Arte Antica di Ferrara