Aperta da più di un mese, siamo a consigliare la visita di una delle mostre più interessanti, in uno dei luoghi simbolo del centro di Milano: il Museo del Novecento ospita infatti una completa rassegna dedicata a uno dei protagonisti della seconda metà del Novecento: Remo Bianco.
Autodefinitosi “ricercatore solitario”, Bianco è sempre stato curioso e pronto a sperimentare nuove idee e nuovi percorsi.
“Remo Bianco. Le impronte della memorie” è a cura di Lorella Giudici con la collaborazione della Fondazione Remo Bianco, e presenta oltre 70 opere dell’artista, ripercorrendo appunto le fasi della sua ricerca e raccontando anche l’uomo, la sua vita ed il suo lavoro intrecciati in un unico flusso di energia creativa.
In mostra abbiamo l’opportunità di ammirare molte delle sue serie più importanti, e possiamo così comprendere quanta attenzione si ponesse anche sui materiali stessi, non solo sulle tecniche utilizzabili.
L’innata capacità di inventare e seguire nuove strade l’ha reso fondamentale: da lui arrivavano i nuovi punti di vista, le diverse prospettive, approcci intuitivi mai provati prima. Possiamo iniziare a raccontare la sua arte partendo dalle prime “Impronte”: calchi in gesso, cartone pressato o gomma ricavate dai segni lasciati da un’automobile sull’asfalto o da oggetti comuni su una superficie, per recuperare “le cose più umili che di solito vanno perdute”, come esprime nel Manifesto dell’Arte Improntale del 1956. Sempre in quegli anni nascono i “Sacchettini – Testimonianze” (realizzati assemblando oggetti di poco valore in sacchetti di plastica) e le prime opere tridimensionali, i “3D”, in materiale plastico trasparente o vetro e, successivamente, su legno, lamiera e plexiglas colorato. La serie dei “Collages” (dalla seconda metà degli anni Cinquanta fino agli anni Ottanta) è creata con una serie di immagini realizzate con la tecnica del dripping su un unico piano di materiali diversi. Da citare i “Tableaux Dorés”, uno dei cicli più noti dell’artista, oltre che il più duraturo. A partire dal 1965 l’artista dà vita ad alcune opere di “Arte sovrastrutturale” che esprimono l’esigenza di fissare nella memoria ricordi e realtà quotidiana. Ve ne fanno parte le “Sculture neve”, teatrini poetici i cui protagonisti sono oggetti comuni, ricoperti di neve artificiale e disposti in teche trasparenti: immobile sotto il manto bianco che la riveste, la composizione vuole portare lo spettatore in una dimensione incantata, silenziosa e senza tempo.
Dieci anni più tardi nascono i “Quadri parlanti”, tele, lavorate o meno, sul cui retro sono posizionati degli amplificatori che si attivano con il movimento e, all’avvicinarsi dello spettatore, emettono suoni o frasi registrate dall’artista stesso. Il più noto di questi è “Scusi signore…” dove Bianco si auto-ritrae con il dito puntato. L’inserimento della voce umana rappresenta un tentativo di oltrepassare la dimensione tradizionale del quadro. Il tema è il bisogno di dialogare con il pubblico, trasformando la tela non più nel teatro della rappresentazione, ma nel luogo dell’ascolto e, soprattutto, del ricordo. Alla fine del percorso avremo dunque potuto ammirare e scoprire il ricco e sorprendente viaggio creativo di Remo Bianco esplorando proprio il tema della memoria, attraverso le sue opere e tramite cataloghi, manifesti, articoli e fotografie d’epoca, documenti originali che portano il visitatore ancora più nel pensiero di Bianco. Il catalogo della mostra è edito da Silvana Editoriale e rappresenta un valido strumento di approfondimento, su uno degli artisti più importanti e necessari all’arte della seconda metà del Novecento.
INFO REMO BIANCO Le impronte della memoria 05 luglio - 05 ottobre 2019 Museo del Novecento, Milano c.museo900@comune.milano.it www.museodelnovecento.org