Salvatore Arancio (Catania, 1974) utilizza la ceramica in maniera liberatoria, seguendo il più possibile solo alcune basi essenziali del processo, e cerca di lasciare molto alla casualità quasi dimenticando la conoscenza tecnica sviluppata negli anni. Questo lo aiuta a usare il materiale in una maniera giocosa, riuscendo a sviluppare nuove forme ed a reinventarsi.
In questa sua personale esposizione, dal titolo We Don’t Find The Pieces They Find Themselves, a cura di Irene Biolchini, l’artista indaga i temi della memoria e della fascinazione umana riguardo ciò che ci circonda.
Tematiche che ci portano alla catalogazione dei reperti, allo studio della storia e alla ricerca.
Nel restauro troviamo racchiusi tutti questi elementi: riorganizzando i cocci, la precedente fragilità dei manufatti frammentati da spazio alla nascita di una nuova forma, riscrivendone la storia.
Attraverso il linguaggio del video e della scultura, la mostra sviluppa il concetto di creazione, restauro e conservazione, temi per i quali l’Italia rappresenta un’eccellenza mondiale e che l’artista sfrutta per creare una narrazione personale, focalizzandosi in particolare sulla ceramica.
In collaborazione con il MIC di Faenza, Salvatore Arancio propone uno studio sulle caratteristiche di questo materiale, esibendo opere sviluppate durante differenti fasi della ricerca e della produzione.
La mostra, allestita nella Project Room e nella Sala delle ceramiche faentine del Museo Internazionale della Ceramica, propone una poetica narrazione di quel silenzioso lavoro che avviene dietro le quinte, durante la restaurazione di un’opera.
I depositi e i laboratori fanno da scenario nel video realizzato dall’artista che riprende i vari momenti della professione, tra i racconti delle restauratrici e i frammenti degli oggetti da recuperare.
Le sculture, in dialogo con il video, sono state realizzate a quattro mani durante i workshop svolti assieme alle restauratrici, che vestono i panni di vere e proprie artiste.
Il processo prosegue con l’assemblaggio finale di tutte le opere prodotte, vedendo così l’artista siciliano ricomporre tutti questi frammenti artistici, sovvertendo i ruoli della narrazione.
Il risultato è una esposizione legata alla memoria personale che, intrecciandosi a quella degli altri, da vita a un confronto e crea nuovi ibridi, crossovers di più linguaggi e sensibilità.
Come dice l’auore: “L’intento è forse di spiazzare lo spettatore, cercando di creare nuove maniere di lettura di quei gesti scultorei iniziali e della materia, ma anche di mantenere un elemento di seduzione.”
MIC Faenza
Viale Alfredo Baccarini, 19, 48018 Faenza RA
dal 12 novembre all’ 8 gennaio, lunedì chiuso
T. 0546 697311
https://www.micfaenza.org/